Tropico 3
Viva la rivoluzione!
Non appena ci s’immerge nel mondo di Tropico 3 è impossibile non notare diverse somiglianze con il primissimo capitolo della serie. Ciononostante il titolo si presenta tanto affascinante quanto i suoi predecessori, anche grazie a una colonna sonora quasi assuefante che, difficilmente, riuscirete a togliervi dalla testa dopo la vostra prima sessione di gioco.
Tralasciando l'aspetto sonoro del prodotto, Tropico 3 si presenta come un ottimo city builder, perfettamente in linea con l’ottima tradizione del franchise. Il titolo, fondendo molte delle caratteristiche di Sim City con quelle di Colonization, permette infatti di vestire i panni di un leader rivoluzionario in stile Castro, per poi dar vita alla realtà urbana dei propri sogni, sia essa fondata sulla libertà o all'insegna del dispotismo più assoluto (con elezioni truccate, polizia corrotta e così via).
All'inizio il titolo propone 15 diverse isole su cui costruire, ognuna delle quali presenta particolari obiettivi (come restare, ad esempio, al potere per un certo numero di anni in un'isola maledetta), problematiche legate alle risorse e soprattutto speciali richieste da parte della comunità.
Insomma, le cose a cui pensare sono molte e non tutte possono essere gestite con grande facilità.
La gestione della realtà di gioco non propone nulla di davvero innovativo ma, al contrario, si basa sugli ormai classici stereotipi della categoria
Oltre a dover pensare ai propri traffici commerciali, è infatti necessario concentrarsi su tematiche come l'educazione, la sanità e la criminalità, cercando, dove possibile, di porre rimedio a eventuali mancanze.
In aggiunta vi è poi il bisogno di bilanciare le industrie manifatturiere con le strutture commerciali al fine di "dissanguare" eventuali turisti, e di cercare di favorire l'immigrazione in modo da garantire un flusso costante di nuovi fondi (con un prevedibile rovescio della medaglia legato alla necessità di investire per soddisfare i bisogni della popolazione in entrata).
Il processo evolutivo è fortunatamente equilibrato e, almeno nelle prime fasi di gioco, non crea grandi problemi di gestione.
Inizialmente è infatti possibile contare sul supporto economico degli USA e dell'USSR, staccandosi dalle due superpotenze solo in un secondo momento, ovvero quando è possibile autogestirsi senza eccessive difficoltà.
Tuttavia, anche quando le cose sembrano andare nel migliore dei modi, è possibile che accada qualcosa di assolutamente inaspettato.
Le isole ospitano infatti svariate fazioni diverse fra loro (come religiosi, nazionalisti, capitalisti, comunisti), ognuna delle quali pretende che le proprie necessità vengano sempre soddisfatte.
Proprio come nella vita reale, accontentare tutti è però pressoché impossibile. Nel migliore dei casi, deludendo una determinata fazione si perderebbero solo i suoi voti al momento delle elezioni ma, se il malcontento dovesse giungere a livelli estremi, si potrebbe anche dover fronteggiare una vera e propria ribellione.