Una chiacchierata con Naughty Dog - intervista
Il direttore creativo Robh Ruppel si racconta a Lucca Comics and Games 2014.
Il bello dei videogiochi è che sono un settore così giovane da esser cresciuto insieme ai suoi appassionati. Anche se ultimamente i ragazzi si avvicinano ai videogame vivendoli come una cosa che c'è e non come la novità, per tutti gli altri si è trattato di un lungo cammino dagli sprite alle nebbie volumetriche.
Anche Naughty Dog è partita dagli sprite: ha creato il suo primo titolo nel 1985 e avendo festeggiato quest'anno il trentesimo anniversario, può senza dubbio essere considerata una delle colonne portanti del settore, in particolare dal lato PlayStation.
A ogni generazione della console Sony, Naughty Dog ha risposto con un titolo che ne è diventato il simbolo. Prima c'è stato Crash Bandicoot, poi la saga di Jak & Daxter e infine la doppietta Uncharted-The Last of Us, con cui la software house ha dimostrato a tutti che esistono giochi che sanno coniugare un'esperienza cinematografica a una storia degna di essere vissuta e a un gameplay gratificante.
Per questo quando sei a Lucca Comics e capita l'occasione di poter scambiare quattro chiacchiere con Robh Ruppel, che in Naughty Dog ricopre la carica di Art Director, non te la fai certo sfuggire. "Penso che l'opportunità di crescere accanto al proprio pubblico sia davvero entusiasmante, tante cose sono cambiate ma puntare sempre alla massima qualità, il tratto distintivo di Naughty, è rimasto lo stesso!".
Ruppel si sta al momento occupando di Uncharted 4 ma ha iniziato col primo capitolo della serie: "il mio incarico iniziale è stato di occuparmi della scena del sottomarino nella giungla: adoravo quell'ambientazione!". All'epoca di Crash Bandicoot era solo uno dei tanti a giocarlo, tuttavia ammette che l'idea di lanciarsi oggi in un nuovo capitolo dedicato al marsupiale di Sony non gli dispiacerebbe affatto.
"Sarebbe davvero molto interessante creare un nuovo episodio avvalendoci delle più moderne tecnologie, ne risulterebbe un gioco senza dubbio molto diverso rispetto ai precedenti", spiega Ruppel. "Tutto sarebbe più aperto, più grande, senza contare le tante innovazioni per rispondere alle aspettative dei videogiocatori che ormai non sono più gli stessi. I gusti e le possibilità sono profondamente cambiati; un nuovo eventuale capitolo dovrà guardare avanti, non sarà solo un semplice ritorno al passato".
Tuttavia il vero sogno di Ruppel è un altro. Sarà per l'imminente uscita di Insterstellar o la sua passione per Nolan, ma se avesse tutte le risorse del mondo per creare un gioco "sarebbe certamente un titolo di fantascienza; vorrei che fosse qualcosa in stile Nolan, qualcosa in grado di prendere un genere e stravolgerlo completamente, portarlo in luoghi dove non è mai stato, così come lui ha fatto con Batman".
D'altronde il rapporto tra film è videogiochi è ormai diventato bidirezionale. Se una volta gli art director videoludici saccheggiavano a piene mani inquadrature, stili, fotografia e situazioni dalle pellicole, adesso la tendenza sembra quasi invertita. "L'altro giorno ero su un aereo e stavo guardando Apes Revolution, e non potevo fare a meno di pensare che il setting e i costumi degli umani che abitavano questa San Francisco post apocalittica erano largamente ispirati a The Last of Us. Secondo me hanno studiato molto bene il nostro artbook!".
"C'è persino una scena in uno dei Transformers con un palazzo che crolla e si appoggia agli edifici adiacenti che è molto simile a un momento di Uncharted 2. Penso sia proprio arrivato il momento in cui sono i videogiochi a influenzare i film".
E sempre parlando di influenze, non si può non pensare che il Photo Mode di The Last of Us non sia inspirato a Instagram. "È un modo per combinare questo tipo di fotografia, particolarmente in voga negli ultimi anni, con un'ambientazione che nessuno di noi potrà mai vivere. O forse in un certo senso è anche un sistema per guardarsi dentro e capire che tipo di fotografo sei. Se ti dedichi a soggetti come cadaveri e scene orribili anziché giraffe e paesaggi, magari è meglio farsi qualche domanda", scherza Ruppel.
"D'altronde il Photo Mode è uno dei tanti motivi per cui ha avuto senso fare un'edizione Remastered. Volevamo che il gioco fosse apprezzabile anche da chi possiede una console next-gen, che fosse ancora più bello, e adattarlo è stato un lavoro più lungo e complesso di quanto si possa pensare".
E molto complesso sarà anche Uncharted 4, su cui Ruppel si lascia sfuggire solo due commenti: "l'ambientazione sarà incredibile... e sarà un gioco molto, molto oscuro".