Deus Ex, tra passato e futuro
Parla Sheldon J. Pacotti, sceneggiatore di Deus Ex.
Il gioco è finalmente uscito. Qualora foste interessati a completarlo al 100%, vi invitiamo a consultare la nostra soluzione completa di Deus Ex: Human Revolution!
Se anche voi avete adorato Deus Ex, un titolo che tutt'oggi viene ricordato come uno dei momenti più alti della storia videoludica, allora non dovreste avere difficoltà a ricordare il nome della sua celebre "penna", ossia Sheldon J. Pacotti.
Lo storico scrittore di Ion Storm, a cavallo del 2000, ha contribuito alla creazione di quell'oppresso universo noir tanto amato da milioni di giocatori che, ancora oggi, possono solo apprezzare l'ineguagliabile livello di immedesimazione raggiunto dal capolavoro Eidos e appena sfiorato dal suo seguito Invisible War.
Dopo aver collaborato con John Woo a Ninja Gold, uno sfortunato progetto caduto prematuramente nell'oblio, Pacotti ha raggiunto il vecchio amico Warren Spector (cofondatore di Ion Storm, a fianco di un certo John Romero) presso i Junction Point Studios, lavorando alla realizzazione dell'ottimo Epic Mickey per Nintendo Wii.
L'attivo scrittore ha da poco fondato il proprio studio indipendente, New Life, muovendo i propri passi nell'intrigante universo indipendente di Xbox con un primo progetto oramai prossimo alla pubblicazione di nome Cell: emergence.
Alla vigilia del lancio di Deus Ex: Human Revolution sugli scaffali, Pacotti ci racconta la genesi di Deus Ex, i motivi del parziale insuccesso del suo seguito e di come il terzo titolo, passato sotto l'egida Square, cerchi di rimettere armoniosamente insieme i pezzi per dare vita a un autentico capolavoro.
Rischiando di sembrare ovvio, penso di potervi rispondere senza remore con Deus Ex: anche perché, ammettiamolo, era davvero un gran gioco. In tutta onestà, penso che quella sia stata una delle rare occasioni in cui ho potuto affermare sin dall'inizio che ciò che eravamo in procinto di creare sarebbe stato un gioco incredibile.
Ricordo che guardavo Warren mentre, scorrazzando tra i corridoi di UNATCO, si divertiva a lanciare ovunque una palla da basket, e nel frattempo osservavo la cura e l'impegno con cui tutti cercavano di ricreare un mondo estremamente realistico.
Da scrittore, capii che l'unica cosa da fare era "popolare" questo universo con personalità autentiche, che si esprimessero con dialoghi verosimili e realistici.
Ho praticamente detto addio al mondo esterno per quasi un anno, lavorando tutto il tempo allo script del gioco, senza sentire la necessità di fermarmi anche per un solo istante. Sì, senza dubbio quello è stato il momento più ispirato della mia carriera.
In effetti sì, è qualcosa di gratificante, ma in un certo senso anche sorprendente: molte persone infatti hanno finito per dimenticarsi del gioco. Ho tenuto un corso di scrittura interattiva presso una classe dell'Università del Texas, e molti degli studenti avevano appena 12 anni quando il gioco uscì. Quelli che hanno avuto modo di provarlo spesso faticavano a ricordarlo. Si trattava comunque di un titolo davvero strano: ho ricevuto nel tempo parecchi pareri, e quanto emerso da essi ha mostrato quanto oblique fossero le opinioni e le conoscenze al riguardo.
Quello che mi ha sempre stupito però era l'energia che si respirava là dentro. Moltissime persone hanno dato il proprio contributo alla realizzazione del gioco. Uno dei ragazzi, ad esempio, era un vero esperto d'armi, e proprio le armi da fuoco furono oggetto di un'attenta ricerca, studiate anche nel minimo dettaglio per ottenere il miglior risultato. Diverse persone si occuparono di altre integrazioni: i pezzi si incastravano magicamente e alla perfezione, un po' per fortuna e un po' (soprattutto) per merito della visione di Warren, di Harvey Smith e degli altri ragazzi che erano con noi all'inizio del progetto.