Diablo III: le Auction House
Analizziamo il primo mercato basato su soldi veri in un gioco.
Blizzard ha deciso inoltre che non venderà alcun oggetto attraverso l’asta o un negozio di Diablo III; tutto ciò che potrà essere venduto andrà trovato dai giocatori durante le loro scorribande nei dungeon.
“Vogliamo che tutto sia gestito dagli appassionati, noi ci limitiamo a facilitare lo scambio”, sostiene Pardo, “che è una cosa molto diversa dal modello basato su micro-transazioni seguito da molti titoli asiatici, dove è la compagnia stessa a venderti gli oggetti”.
Le transazioni attraverso l’asta saranno totalmente anonime, così da evitare spiacevoli dinamiche sociali associate alla scambio di merci tra giocatori. Se vi sembra una misura eccessiva, ricordatevi che tra milioni di persone nel mondo ci può sempre essere quello disposto a sgonfiarvi le ruote della macchina, o peggio, perché gli avete soffiato sotto il naso lo spadone di fuoco.
Per dirla con Wilson, “tutti i venditori in Diablo III sono uguali in un sistema dove le transazioni sono completate istantaneamente, automaticamente e in sicurezza. eBay è basato sulla credibilità ma qui non ce n’è bisogno. Se vendi qualcosa, e qualcuno offre abbastanza, la ottiene sicuramente. Non esistono cattivi o buoni venditori”.
Le aste saranno divise per area geografica e in base alla valuta. Potrete commerciare usando varie valute ma sempre tra quelle all’interno della vostra zona. Ad esempio, i giocatori inglesi potranno scegliere se comprare oggetti in euro o sterline, ma non possono scegliere i dollari, se acquistano in America. Comunque, secondo Blizzard, la maggior parte degli utenti si limiterà a fare acquisti utilizzando la proprio valuta d’origine, per evitare brutte sorprese con le tasse sulle transazioni internazionali.
Dunque, ecco come funzionano le aste in Diablo III. Ma come ha risposto Blizzard al fiume di critiche ricevute? E sono fondati i timori di chi vede nelle aste l’inizio della fine?
Il dibattito
Il ragionamento di Blizzard per sdoganare il sistema , che potrebbe essere riassunto in “visto che i giocatori lo farebbero comunque, tanto vale fornire loro un posto sicuro per farlo (e farci dei bei soldi)”, non proprio così semplice e ingenuo come lo dipingono Pardo e soci.
Se così fosse, probabilmente avrebbero pianificato una funzione simile anche per World of Warcraft, che da anni è linfa vitale per un mercato nero di monete d’oro, ma Blizzard ha chiarito con fermezza che questo non succederà.
"Non penso vorreste una funzione simile in World of Warcraft”, spiega Wilson, “perché il sistema di gioco di WoW non è basato sugli scambi ma sul prestigio". Secondo il lead designer di Blizzard, l’equipaggiamento d’elite in WoW è il frutto di ore e ore di raid o di PvP, è l’emblema del successo del giocatore, e non può essere venduto o scambiato. "Inserire un fattore come le aste con soldi veri in World of Warcraft sarebbe altamente dannoso per le meccaniche di gioco, quindi non lo faremo mai”.
Pardo sostiene che lo scambio tra giocatori si adatta molto meglio agli oggetti random e privi di restrizioni che è possibile trovare in Diablo. Anzi, più che adattarsi fa parte del gioco da sempre. “Credo veramente che un’asta di questo tipo faccia parte in maniera profonda del game design di Diablo”, spiega. “Per ottenere gli oggetti migliori o che più si adattano al tuo personaggio, spesso devi dedicarti al commercio. E penso che questo crei dinamiche molto interessanti”.
Blizzard sta dedicando gran parte del suo tempo a ripetere che Diablo è un titolo basato sugli scambi, che è strutturato per incoraggiare e beneficiare le transazioni tra i giocatori. Ma per quanto Blizzard si sforzi nel cercare di far passare il proprio messaggio, infarcendolo di dichiarazioni e sorrisi rassicuranti, non tutti i player di Diablo condividono questo punto di vista. Probabilmente perché i capitoli precedenti tenevano ben separati il gioco online da quello offline (e le infrastrutture di rete erano ben diverse), quindi un’ampia fetta dell’utenza non è mai entrata in contatto con la cultura degli scambi, e forse non è neanche così interessata a farlo ora.
Detto questo, è chiaro che, come afferma Pardo, il sistema di drop di Diablo può supportare un sistema economico interamente gestito dai giocatori. In molti hanno provato a scambiare armi e armature in Diablo II, nonostante i rischi e le difficoltà, quindi sarebbe stato assurdo non creare un sistema integrato che lo permettesse, legandolo a una versione più moderna e orientata all’online del gioco.
Ma perché aprire al mondo dei soldi reali? Questa è la domanda sulla bocca di tutti gli appassionati, che da anni attendono questo terzo capitolo e che vedono nei soldi una scorciatoia per avere gli oggetti migliori, normalmente ottenibili solo con molti sacrifici, che impoverisce sia il game design sia il gusto di costruirsi un equipaggiamento a prova di bomba.
Beh, iniziamo col dire che non è una semplice scorciatoia. Gli oggetti sono comunque legati a un determinato livello, quindi dovrete sempre spendere ore e ore per salire di livello se volete vestirvi con un’armatura scintillante. Tuttavia Pardo ha ammesso che questa funzionalità nasce anche per venire incontro al crescente numero di giocatori che sono pronti a pagare l’avanzamento del proprio personaggio con monete sonanti.
Dal suo punto di vista, un modello economico basato sull’asta, a differenza di quello “Freemium”, bilancia la situazione perché i giocatori che non credono in questo stile di gioco possono trarre profitto da chi invece lo utilizza. “Alcuni vogliono utilizzare i soldi per progredire, altri preferiscono spendere il proprio tempo. Dal punto di vista del venditore, se faccio parte dell’elite del gioco e ci spendo un sacco di tempo, posso beneficiare dei primi pur facendo parte della seconda categoria”.
Allora, se la mettiamo su questo piano, e tenendo conto che parliamo di un gioco fortemente basato sulla cooperazione, dove starebbe il danno per giocatori? Ognuno lo giocherà al ritmo che preferisce, utilizzando o meno soldi veri. E a voler ben guardare, siamo onesti, molte delle critiche si basano su ragioni emotive e personali, più che su paure legate al bilanciamento del gioco, anche perché dubito fortemente che Blizzard voglia commercializzare qualcosa che potrebbe scontentare milioni di fans.
Tuttavia, questo discorso non si applica quando il gioco diventa competitivo, quando spendere soldi nell’equipaggiamento è chiaramente l’unica e più diretta strada verso il successo, ma neppure questo fattore sembra preoccupare Blizzard.