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Splinter Cell Trilogy HD

Quando stealth faceva rima con Fisher, non con Auditore.

Tagliamo subito corto con preamboli e cappelli introduttivi, parafrasando un inglese col pizzetto, non sono qui per lodare Sam Fisher, ma per dirvi se vale i vostri soldi dopo tutti questi anni.

La risposta è molto semplice: se avete già giocato questi titoli negli anni in cui sono usciti, probabilmente questa trilogia susciterà in voi lo stesso interesse dell'ennesimo cofanetto DVD rimasterizzato di un grande classico della cinematografia, magari con cinque secondi di filmato aggiunti per accalappiare gonzi e fanboy.

Se invece all'epoca eravate troppo piccoli, o avevate di meglio da fare, Splinter Cell Trilogy HD è un'ottima occasione per toccare con mano uno dei titoli più interessanti e meglio progettati che abbiano mai calcato la scena, visto che pochi altri giochi stealth hanno saputo gestire così bene le luci, l'ambientazione e, soprattutto, il sonoro. Il rumore del visore notturno che si attiva è tutt'ora un'icona delle serie, e bastava quello a strapparvi dalla vostra comoda poltrona per catapultarvi in un mondo di operazioni sotto copertura ad altissimo rischio, in cui rompere il collo di una guardia è normale come prendere un caffè al bar.

Quel vizioso di Fisher adora arrivare da dietro.

Al momento in cui vi scrivo, i tre titoli sono acquistabili separatamente su PSN, e saranno venduti in un'unica confezione solo dal 16 settembre. Oltre a beneficiare, vedremo poi quanto, della grafica HD, tutti e tre i giochi sfruttano il sistema di trofei e, se proprio siete interessati a finirvi gli occhi indossando occhiali scuri mentre guardate in ambienti che sono al buio nel 90% dei casi, la possibilità di essere giocati in 3D.

Per chi non li avesse mai giocati, i primi tre capitoli della serie sono ben diversi da Convinction, che ha rappresentato una svolta netta verso un gameplay più frenetico, meno calcolato, in cui si passa più tempo a sparare che a nascondere i corpi. In un certo senso, c'è la stessa differenza che passa tra uno strategico a turni e uno in tempo reale, anche se questa sensazione tende a sparire nel terzo capitolo, e è bello notare che, nonostante gli anni, rimangono tutt'ora dei gran bei pezzi di software.

Splinter Cell

Sono passati un bel po' di anni da questo primo capitolo, ma la differenza che più si fa sentire non riguarda la grafica, bensì il gameplay. Sì, perché in un'era dove l'utente è guidato da centinaia di aiuti, indicatori, mappe e waypoint, la prima esperienza di Sam Fisher vi fornirà al massimo un indicatore del vostro livello di occultamento e poco altro. È un gioco fatto di memoria, osservazione e caricamenti del salvataggio precedente, in cui nessuno vi dirà esattamente dove andare e dove cercare ciò che vi serve. È difficile? Sicuramente sì, ma è bello ricordarsi com'era giocare quando gli sviluppatori non ci volevano sempre tenere per mano.

Una volta un mio amico ha provato a fare la spaccata così, zoppica ancora.

Gran parte di ciò che ha caratterizzato la serie per tanti anni è nato con questo gioco. Non potrete ancora fischiare, personalizzare il vostro equipaggiamento e fare tante altre mosse, ma lo spezzare colli, l'appiattirsi contro i muri e la storica spaccata tra due pareti sono già presenti, a testimoniare quanto fossero buone le basi della serie.

Gli asset della versione HD sono stati presi dalla versione PC, quindi se a suo tempo ci avete giocato su PS2 o Gamecube vi ritroverete di fronte a una grafica migliore, più smussata. Questo ovviamente non la rende meno datata, e certe animazioni un po' legnose, sopratutto nelle sgranate scene d'intermezzo, non migliorano certo la resa visiva. I tempi di caricamento sono inspiegabilmente lunghi, si parla di più di un minuto per caricare ogni missione, e il frame rate non si è alzato di una virgola dai tempi in cui Splinter Cell era il meglio del meglio. Il risultato è una versione HD a mezzo servizio, che non toglie ne aggiunge niente al gioco originale, più retrogaming che restauro.

Avatar di Lorenzo Fantoni
Lorenzo Fantoni: Dentro un rugbista di 110kg dedito agli stravizi, batte il cuore di nerd vecchio stampo con lo sguardo perennemente abbronzato da uno schermo, anche d'estate.

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