Watch Dogs 2: le informazioni sono un pericolo - intervista
Jonathan Morin, creative director di Ubisoft, sui Big Data e l'influenza della tecnologia nella società.
È la seconda volta che intervisto Jonathan Morin, creative director di Ubisoft, l'uomo dietro Watch Dogs. E anche stavolta quello che mi ha detto è stato molto interessante. Il primo Watch Dogs ha avuto il merito di farmi interessare alla scena degli hacker come mai prima, se non altro perché per scriverne ho dovuto documentarmi.
S'è trattato di un percorso interessante, che mi ha portato a intervistare anche Jonathan Brossard, esperto di sicurezza e hacker 'etico', e Vitaly Kamluk, esperto in malware di Kaspersky Lab. A quel punto approdare a Kevin Mitnick (programmatore, phreaker, cracker, hacker e ingegnere sociale statunitense ) è stato un attimo e non mi vengono in mente altri casi di un videogioco che sia riuscito a espandere le mie conoscenze così come Watch Dogs.
Ed è quindi con rinnovato interesse che ho intervistato nuovamente Jonathan Morin per parlare di Watch Dogs 2, che stavolta pone l'accento sulle grandi corporazioni della Bay Area di San Francisco, i Big Data e il controllo delle informazioni che porta alla nostra profilazione.
Eurogamer.it: Il messaggio dietro a Watch Dogs era piuttosto forte e mirato a risvegliare le coscienze dei giocatori, cui magari erano sfuggite le rivelazioni di Assange, Snowden e Wikileaks. Cosa dobbiamo aspettarci da questo secondo episodio, una ripresa del discorso originario o una sua evoluzione?
Jonathan Morin: Non sarà lo stesso messaggio, che anzi affronterà l'influenza della tecnologia nella società sotto un'angolazione diversa. Il tema portante di Watch Dogs era la sorveglianza, stavolta San Francisco, la Silicon Valley e la Bay Area ci permettono di affrontare il tema dei Big Data e delle loro ripercussioni sull'economia. Quando usiamo un telefono accettiamo automaticamente di far raccogliere informazioni su di noi, che vengono poi immagazzinate da qualche parte. La domanda è cosa se ne fanno poi le compagnie di queste informazioni: le usano? Le rivendono a terze parti? E in tal caso, che utilizzo ne fanno queste ultime?
Eurogamer.it: Ho da poco intervistato Yves Guillemot a Parigi, il quale ha affermato che Watch Dogs era un gioco che si prendeva troppo sul serio e che il seguito avrebbe avuto un approccio più leggero, da cui il personaggio di Marcus Holloway. Ma il tema che volete trattare in questo capitolo è piuttosto serio e mi domando se così non si venga a creare una certa incoerenza.
Jonathan Morin: Credo che si debba distinguere tra il tono, il messaggio e anche dove gli eventi hanno luogo. Quando abbiamo iniziato a lavorare a Watch Dogs 2, parlando con le compagnie della Bay Area e della Silicon Valley, approfondendo ulteriormente la cultura dell'hacking è diventato evidente che non dovevamo affrontare l'argomento in modo lineare. Le creatività, l'innovazione e la voglia di cambiare il mondo sono elementi essenziali della cultura locale e quindi dal punto di vista creativo ci siamo trovati a pensare che un hacker bravo, coraggioso ma giovane e dunque ingenuo, fosse il protagonista ideale. E quanto alla location, Chicago è una città bellissima ma con strade più strette, panorami più oppressivi, mentre la Bay Area è più spaziosa, con scenari più ampi. La tonalità che ne deriva è quella che troverai in Watch Dogs 2.
Relativamente alla trama, abbiamo voluto tracciare per Marcus un percorso inizialmente convenzionale, che lo vede avviare la sua carriera da hacker per puro divertimento e per mettersi in mostra. Di conseguenza la prime missioni del gioco saranno poco significative ma col procedere della trama, con l'ampliarsi della sua rete di amicizie e dei suoi follower, Marcus capirà che potrà fare nella vita qualcosa che abbia un maggiore significato. Ne consegue che il tono e la seriosità della trama aumenteranno nel corso del tempo, senza però tradire la tonalità e il carattere del protagonista.
Eurogamer.it: Eppure non capisco per quale ragione Marcus Holloway debba andare in giro vestito come un clown, o un personaggio come Wrench indossi una maschera alla Daft Punk, incoerente con l'organizzazione segreta che rappresenta...
Jonathan Morin: Ma perché no? Nel senso, Wrench è coerente con la Bay Area, un luogo popolato da gente colorata ed eclettica. E poi la cultura dell'hacking è vibrante di per sé, la gente ha un retaggio geek che riteniamo trovi un corrispettivo in un personaggio come il suo. Quanto a Marcus e al modo in cui si veste, penso che i giochi oggi debbano concedere una grande libertà espressiva e non credo che un videogame debba forzare un personaggio entro dei limiti troppo stretti (Aiden Pearce aveva tanti abiti tutti uguali nella foggia, che cambiavano giusto per le colorazioni, ndSS). Noi presentiamo Marcus in un certo modo ma non vedo alcun problema se la gente lo vuole vestire diversamente.
Creare un videogame per me significa realizzare degli strumenti e metterli in mano ai giocatori, che poi ne fanno ciò che vogliono. E nel mio ruolo devo accettare l'idea che la gente possa voler vestire Marcus come un clown e condividere video ridicoli su YouTube. Anche perché la palette dell'abbigliamento che puoi trovare nella Bay Area è piuttosto eterogenea. Quando ciò si verificherà, non sarà comunque una mancanza di rispetto verso Watch Dogs 2, perché è il videogioco stesso a permetterlo.
Eurogamer.it: Ubisoft qualche anno fa è stata al centro di una discutibile polemica circa l'assenza di un personaggio femminile in Assassin's Creed Unity. Ora in Watch Dogs 2 troviamo un personaggio di colore, come d'altronde in Mafia III. Ma se nel titolo di 2K Games era indispensabile che lo fosse, al fine di raccontare il razzismo dell'America degli anni '60, mi domando perché lo sia Marcus Holloway. È una scelta dettata dalla correttezza politica o da altre ragioni?
Jonathan Morin: Facendo le nostre ricerche sulla Bay Area e su ciò che essa ha da offrire, abbiamo creato un background coerente con un personaggio che deve mostrare la risonanza che ha oggi le tecnologia nella nostre vite. E ci è sembrata una premessa interessante il fatto che Marcus venga da un'area appena 'gentrificata' di Oakland, rendendo così coerente che l'algoritmo del ctOS lo profili preventivamente come una potenziale minaccia per la società.
Eurogamer.it: Dopo averti intervistato a Chicago per Watch Dogs, ho approfondito alcune tematiche per interesse personale fino a imbattermi in un libro sull'ingegneria sociale, L'arte dell'inganno di Kevin Mitnick e Steve Wozniak, che mi ha aperto gli occhi su un fenomeno potenzialmente ben più pericoloso dell'hacking. E che ti domando se verrà mai trattato in un Watch Dogs.
Jonathan Morin: L'ingegneria sociale è una tema molto interessante che però si riduce alla raccolta di informazioni da usare contro le persone, per estorcerne altre. Si basa sull'assunto che dietro ogni sistema c'è una persona, che è vulnerabile quanto il sistema stesso, se non di più. In Watch Dogs 2 sfioriamo il tema permettendo di profilare le persone e di usare le informazioni così raccolte per fare leva sul loro carattere e ottenere le reazioni emotive che desideriamo. L'ingegneria sociale è molto più complicata di così, ciò nonostante credo che questo sia un buon modo di tradurla in un videogioco.
Eurogamer.it: Quest'anno non ci sarà alcun Assassin's Creed, il che significa che l'intero peso della stagione natalizia di Ubisoft graverà sulle tue spalle. Come vivi questa responsabilità?
JM: Credo che nessuno realizzi videogame immaginandosi che la gente non li giocherà e di conseguenza trovo eccitante l'idea di realizzare un titolo come Watch Dogs 2. Penso sia nell'interesse di Ubisoft creare e affermare più brand di successo nel proprio catalogo, così da garantire a se stessa, ma anche ai giocatori, più opportunità.