Yakuza 3
Vecchia Scuola, sì, ma con classe!
Yakuza 3 può essere definito come la più realistica rappresentazione del Giappone moderno nel mondo dei videogiochi, non tanto nell’emozionante melodramma della storia che racconta, ma nei dettagli apparentemente secondari che riesce a cogliere. Le lotterie, i giochi arcade, i bar, l’incessante messaggio di benvenuto dei commessi nei negozi (irassyaimasseeeee!), e la gran parte dei misteri che nascondono gli edifici situati nelle strade secondarie della città.
E al pari del Giappone moderno, Yakuza 3 mostra un’evidente contraddizione tra l’ostinatezza della tradizione e le novità introdotte con la modernità. Si tratta di un gioco stupendo, pieno zeppo di dettagli, con una qualità incredibile per quanto riguarda la recitazione e il copione, sicuramente una spanna sopra agli altri rappresentanti del genere. Ma se si scende in profondità ci si accorge che, per la maggior parte del gameplay, poco è cambiato rispetto al primissimo Ryu ga Gotuku del 2005.
Il gioco è principalmente un GdR-action, vecchio stampo ma affascinante, spesso lineare e poco vario in termini di giocabilità, con delle missioni in sequenza che devono essere affrontate per passare allo step successivo.
Lo spettacolare sistema di combattimento raddoppia la dose di violenza di cui è intriso il titolo dall’inizio alla fine, proponendoci degli scontri sicuramente poco originali ma da cui si rimane comunque attratti grazie proprio al lavoro fatto in sede di caratterizzazione dei personaggi.
Inoltre c’è da segnalare un significativo cambio di scenario. Tokyo viene momentaneamente abbandonata dopo gli eventi di Yakuza 2 e ci si trova nei pressi di un orfanotrofio in una Okinawa tropicale.
Ben presto, però, la calma della zona più a sud del Giappone si trasformerà in qualcosa di decisamente complesso e cruento… e saremo costretti a tornare in quel di Tokyo per cercare di venire a capo di tutta una serie di situazioni.
Quel che è chiaro fin dalle prime ore di gioco è l’immobilismo del sistema di combattimento: bello e divertente da vedere ma poco coinvolgente da giocare, nonostante il suo fascino old-school. L’approccio agli scontri è molto più legato all’uso delle armi rispetto sia a Yakuza 2 che allo spin-off Ryu ga Gotoku Kenzan.
Possiamo equipaggiare il nostro personaggio con tre armi diverse assegnabili alle varie direzioni del d-pad, armi che possono essere riparate, migliorate e anche create da zero. Tornano naturalmente le mosse finali, oltre alla possibilità di utilizzare parti dello scenario per raddoppiare i danni inflitti ai nostri avversari (che ne dite di una bella testata contro un muro?).
La violenza coreografica che garantisce un sistema di combattimento del genere è senz’altro godibile e va di pari passo con la crescita delle abilità di Kiryuu. Ma ci sono comunque dei problemi. Persistono situazioni tipiche da gameplay old-school che non sono state risolte, come quelle legate a una regia virtuale non così rapida nel seguire l’azione oppure la difficoltà di gestire determinati momenti di sovraffollamento su schermo, quando siamo attaccati da più avversari e il combattimento ci sfugge di mano proprio per un’imprecisione cronica del sistema di lock sui nemici.
Questo può diventare un problema nel momento in cui ci sono delle sezioni del gioco stracolme di combattimenti. In realtà, comìè accaduto per gli altri due Yakuza, gran parte del tempo la passeremo in cerca di un altro tipo di intrattenimento, soprattutto per spezzare un ritmo non così vario. E il mondo di Yakuza 3 è senz’altro ricco di distrazioni!
Molte di loro sono familiari: i cabinati arcade (c’è un porting completo del quiz game di SEGA, Answer X Answer), il Mahjong, i ristoranti, le varie “dame” di compagnia dei club. Molti altri però sono nuovi di zecca, come il golf, il biliardo, il karaoke, la pesca e il poker. Tutti i nuovi mini-giochi sono divertenti, anche se spesso si basano essenzialmente su una sequenza di tasti da premere nel momento giusto.