Deus Ex: Human Revolution
Intervista al game director Jean Francois Dugas.
Dalla release dell'originale sono passati così tanti anni, in termini videoludici s'intende, che Human Revolution può essere considerato al tempo stesso un sequel e un reboot. Pertanto è vero quello che dici: ci saremmo potuti limitare a rifare il primo gioco in HD e molti non si accorgerebbero neppure della differenza.
Noi però abbiamo voluto fare qualcosa di nuovo, pur cercando di rendere tutti gli omaggi del caso all'illustre predecessore e ai suoi fan di vecchia data. È una questione di rispetto...
Molti degli elementi di gameplay dell'originale, però, oggi come oggi non funzionerebbero perché risulterebbero datati. E qui siamo entrati in scena noi, attualizzando i punti di forza del primo Deus Ex.
Prendiamo ad esempio l'hacking: era una parte importante del primo Deus Ex e lo sarà anche in Human Revolution. Quello che è cambiato è il modo in cui è possibile farlo: prima era un procedimento quasi passivo, in cui si aspettava che andasse a buon fine; nel nostro caso invece tutto è più interattivo, il resto del gioco non va in pausa e si devono scegliere con cura i momenti in cui si decide di violare un computer.
Abbiamo poi voluto dare più sfumature al protagonista, introdurre elementi sociali ed emotivi che oggi come oggi non possono mancare. Per cui ti rispondo dicendo che il modo di affrontare gli elementi chiave del gioco è lo stesso adottato da Ion Storm. Tutto il resto però è frutto del nostro lavoro, della nostra interpretazione dell'originale.
(ride) È una domanda interessante. Credo che il nostro settore si stia tuttora evolvendo sebbene non più a passi da gigante come un tempo. Non c'è più id Software che se ne esce fuori con Wolfenstein creando il genere degli FPS, o Valve che con Half-Life mostra che anche gli sparatutto in soggettiva possono avere un impianto narrativo di tutto rispetto.
L'evoluzione nel nostro settore ha indubbiamente rallentato il passo, però la sua progressione credo sia innegabile e costante.
Va poi considerato che oggi, rispetto a un tempo, produrre un videogioco costa infinitamente di più, pertanto quando un publisher trova la formula magica, chiedergli di abbandonarla è quasi impossibile. Per essere creativi come un tempo, quindi, si deve fare tutto da soli, con gli ovvi limiti che puoi immaginare, e si deve sperare di avere successo al primo colpo. Ma le possibilità di fallire sono molto alte...
Insomma, se proprio si deve innovare è senz'altro più facile farlo con un gioco indie pensato per il Live Arcade, che non con un progetto da 40 milioni di dollari come il nostro.
(ride) Credo che quando il primo Deus Ex uscì, fosse un gioco rivoluzionario, capace di fondere le meccaniche di un FPS con quelle di un RPG. Peraltro, anche all'epoca non è che avesse una grafica particolarmente rivoluzionaria...
Credo di no. O meglio, il concept sarebbe ancora valido ma tutto sarebbe datato e andrebbe ridefinito.
Inizialmente non è stata una decisione consapevole. Nelle primissime fasi di progettazione, quando ancora dovevamo avere dal publisher il semaforo verde a procedere, uno dei nostri artisti se ne uscì con la prima bozza di Adam Jensen. Che per inciso non si chiamava ancora così, anzi non aveva proprio un nome, era solo Mister X.
Per cui il giorno prima di prima di portare le prime bozze ci accorgiamo che gli ha messo una sigaretta in mano e dopo la prima reazione iniziale l'abbiamo guardato bene e abbiamo pensato "uhm, interessante!".
In un futuro dove tutto è più verde ed ecologico, dove la tecnologia aiuta a vivere meglio e più a lungo, il protagonista invece fuma. Ci sembrava un contrasto interessante.