L’uomo dietro a EA Partners
No De Martini, no (third) party.
Lo so, lo so, a prima vista il sottotitolo che ho usato può sembrare un banale gioco di parole, eppure a ragionarci sopra è quello più calzante per descrivere l’uomo del quale vi apprestate a leggere l’intervista.
Electronic Arts ha infatti da tempo creato una divisione dedicata al co-publishing di nome EA Partners. Essa permette agli sviluppatori di restare indipendenti sfruttando al tempo stesso la forza di cui dispone Electronic Arts.
Per chi non lo sapesse, non stiamo parlando di gente di poco conto: al momento sotto l’ala protettrice di EAP vi sono sviluppatori come Crytek, Valve, Epic Games, Harmonix e Insomniac, per non parlare di Respawn Entertainment, la nuova società dei famosi West e Zampella.
Nei mesi scorsi ha fatto scalpore l’affaire che ha coinvolto le menti dietro a Modern Warfare, lasciando nelle mani di Activision Blizzard un’Infinity Ward svuotata dei suoi personaggi di spicco. Eppure, ben pochi si sono domandati chi fosse colui che aveva ordito la trama dell'operazione: ebbene, questa persona ha un nome e un cognome, all’anagrafe fa David De Martini ed è un signore di mezza età di lontane origini liguri.
Illustrato dunque perché, come accennavo nel sottotitolo, senza di lui non ci sarebbero third party, mi appresto a spiegare la ragione del gioco di parole che rimanda alla nota pubblicità con George Clooney.
Essa non sta tanto in una sua improbabile somiglianza col noto attore, quanto perché intervistare quest’uomo è stato un piacere.
Mi è capitato altre volte di parlare con dei top manager del nostro settore, e spesso mi sono trovato di fronte a imperturbabili e sorridenti maestri nell’ arte di dire tutto e di dire nulla. Persone, per capirci, che quando torni a casa e sbobini l’intervista, capisci che non hai nulla di interessante da trascrivere.
De Martini invece no. Se gli chiedi di parlare della concorrenza, non si nasconde dietro a frasi di circostanza: ti dice sorridendo che EA Partners è la migliore. Se gli domandi del passaggio di Bungie ad Activision, ti racconta i retroscena. Se infine vuoi sapere se c’è stato il suo zampino dietro al trasferimento di West e Zampella, ti risponde “sì sono stato io”. E dunque “no De Martini, no party”, perché se tutti fossero come lui il mestiere del giornalista sarebbe senz’altro più divertente.
Ora però bando alle divagazioni: è giunto il momento di accendere i nostri registratori e sentire cos’ha da dire l’uomo dietro a EA Partners…
È stato un percorso insolito: ho 50 anni, che è l’età alla quale solitamente coloro che siedono in consiglio d’amministrazione lo fanno perché hanno iniziato coi videogame sin da giovani. Al contrario, io ho seguito una strada diversa, ottenendo un master in management e cominciando nel settore dei mainframe. Successivamente ho lavorato nel campo dei server, dei PC e solo alla fine dei videogiochi.
È stato dodici anni fa.
Sì, sin dal principio. In maniera alquanto insolita prima di arrivare in EA mi occupavo di Autodesk, un software per computer. L’industria dei videogame all’epoca era alla ricerca di gente valida che arrivasse dal mondo del software, e un mio amico mi disse che avrei dovuto provarci. Ha dovuto insistere perché non è che ne fossi molto convinto, ma quando poi ho iniziato è stato un po’ come stare in paradiso.
Per cui, come vedi, a differenza di altri non posso dire di essere un videogiocatore di vecchia data, ma negli ultimi 12 anni credo di avere recuperato il tempo perduto. Mi sono occupato di tutti i Tiger Woods, dei vari Il Padrino e ora gestisco EA Partners.