Project Dust
Eric Chahi ci parla della sua prossima creazione.
Lo abbiamo sviluppato tutto in casa, e non mi riferisco solo al gioco ma anche alla tecnologia alle sue spalle, prima fra tutte quella delle animazioni. Purtroppo siamo andati un po’ lunghi e ci siamo trovati a metà di un guado generazionale: avevamo iniziato a programmare il gioco per MS-DOS ma nel frattempo era arrivato Windows, cosa che ci ha costretto a ricominciare tutto daccapo.
Indubbiamente c’è stato comunque uno sbilanciamento tra il lato grafico e quello della programmazione, col primo senz’altro migliore rispetto al secondo. Diciamo che con una migliore organizzazione si sarebbero potuti mantenere i tempi di sviluppo entro i tre anni, contro i cinque e mezzo che alla fine si sono rivelati necessari.
L’industry che ho trovato oggi è senz’altro migliore di quella che ho lasciato, così come credo che quella che ho lasciato nel 2000 sia stata la peggiore. Non c’erano i giochi scaricabili, quindi si doveva necessariamente passare attraverso la distribuzione di prodotti fisici e scatolati, commercializzati dai grandi distributori. Questa politica comportava grandi limiti in termini di sviluppo e di creatività, perché i giochi dovevano raggiungere una massa critica di venduto piuttosto alta per tenere in piedi il sistema.
Anche oggi i prodotti tradizionali devono sottostare a questo circolo vizioso, ma dal 2005 in poi la scena indie si è costantemente sviluppata al punto da rendere possibile la produzione di prodotti di nicchia, venduti attraverso il digital delivery, che permettono di aggirare i problemi di cui sopra. Ciò consente di lavorare con team ridotti e una maggior libertà creativa. Questo credo sia il miglior periodo possibile per creare videogiochi.
La mia unica preoccupazione è la creazione e l’innovazione. Ubisoft ha deciso di sostenerci nello sviluppo di Project Dust, è vero, ma mi considero intimamente come un indie. Non riuscirei a immaginarmi al lavoro su un gioco come Assassin’s Creed, con centinaia di persone impegnate nel suo sviluppo. Credo che in meno si lavora a un gioco e meglio è.
(segue una lunga pausa) Project Dust è un gioco che parla dell’ambivalenza della natura, che spesso noi cerchiamo di contestualizzare e quasi umanizzare, ma che in realtà è cieca nell’applicazione dei suoi meccanismi. Il giocatore avrà però modo di plasmare il mondo, adattandosi a ciò che lo circonda. Questo lo porterà a sentirsi in qualche modo un eroe, ma anche a considerare l'ambiente come suo, perché in parte lo avrà plasmato a suo piacimento.
Ad agosto mostreremo qualcosa in più alla GDC di Colonia: sarà una presentazione tecnica, ma senz’altro verrà svelato qualcosa in più del gioco.
Con questo, cari Eurogamers, si è chiusa un’intervista interessante forse più a livello umano che non informativo. Ne usciamo infatti sapendo di Project Dust ancora poco, ma ricordandoci che dietro a un videogioco vi sono pur sempre delle persone, coi loro successi e coi loro fallimenti. Eric Chahi ha avuto modo di leccarsi le ferite per lungo tempo ma ora è pronto e rientrare in campo con un progetto che si è ritagliato addosso per budget e ambizione: come sempre il segreto non è non cadere mai, ma sapersi rialzare.