Venti minuti con Frank Pearce
Alla scoperta dello spirito di Blizzard…
Penso che ci sia ancora molto potenziale da esplorare. La prima cosa che mi viene in mente è il mercato cinese, che per quanto riguarda i videogiochi non ha dato che una minima parte di ciò che ha da offrire. Ma, al di là della Cina, ci sono molti altri mercati da esplorare e nei quali abbiano appena iniziato ad affacciarci.
Certo, cinque anni non sembrano un orizzonte temporale particolarmente lungo: dal mio punto di vista è il periodo nel quale abbiamo lanciato World of Warcraft, due espansioni e qualche patch. E abbiamo già altre due espansioni pianificate per StarCraft II, il che ci terrà impegnati per altri anni, quindi non so davvero bene cosa riusciremo a fare da qui al 2015.
Però, quando penso al futuro della mia compagnia, penso alla Disney, e al fatto che è ciò che è anche perché esiste da oltre ottant’anni. Ecco, se devo essere sincero, quello che per me è importante non è ciò che faremo nei prossimi cinque anni ma quel che riusciremo a fare così che, tra sessant’anni, quando noi non ci saremo più, Blizzard esista ancora e la gente, guardando indietro, pensi a noi come a una compagnia presente da decenni sul mercato.
Con quest'affermazione visionaria si è conclusa l’intervista a Frank Pearce. Come vi dicevo in apertura dell’articolo, però, l’incontro aveva ancora qualche sorpresa da riservare: sentendo infatti di non avere chiarito bene alcuni punti, ho ripreso la discussione al bar con Bob Colyaco, cui in un secondo momento si è unito nuovamente lo stesso Frank.
È emerso quindi che le cause dell’omogeneità e della coerenza di qualsiasi prodotto Blizzard sta in quelli che loro chiamano “strike team”. In sostanza, periodicamente dei gruppi misti di persone di Blizzard va a trovare il team di sviluppo di un gioco e passa con esso un certo lasso di tempo, durante il quale ne analizza l’operato.
Terminato il periodo, lo strike team dice cosa va bene e cosa no, e suggerisce i miglioramenti da apportare. Il team ospite prende atto dei rilievi e valuta se e come implementarli sotto la supervisione della “leadership”. Ovviamente, il team che ha giocato in casa andrà poi a sua volta in trasferta ad analizzare l’operato altrui, quando sarà il suo turno di far parte di uno strike team.
In questo modo, com’è facile intuire, si riesce a fare sì che oltre 700 sviluppatori funzionino come una squadra compatta, i cui obiettivi sono noti e condivisi. Questo accorgimento rende inoltre possibile mantenere il tratto distintivo di Blizzard in ogni suo frangente, perché non ci sono unità isolate dalle altre: il loro operato è infatti periodicamente soggetto a un confronto diretto con gli altri team.
E con questo è davvero tutto. Nella speranza, come al solito, di essere riuscito a intrattenervi per il tempo della lettura di questo articolo, non mi resta che rimandarvi alla recensione di StarCraft II, per la quale ormai mancano poche settimane.