Intervista a Mike Morhaime
Pandaren, free-to-play e la guerra dei DOTA secondo il boss di Blizzard.
Poche kermesse hanno lo stesso fascino magnetico della BlizzCon, uno spettacolo pantagruelico dove, manco a farlo apposta, finisci per incrociare band musicali del calibro dei Foo Fighters ma, nonostante tutto, ancora capace di trasudare quell'animo profondamente geek e appassionato che contraddistingue la più classica delle convention pullulante di fan.
L'edizione 2011 della fiera made in Blizzard è stata senza dubbio la migliore di sempre, da un lato per la quantità invidiabile di carne al fuoco presente, dall'altro perché per la prima volta World of Warcraft non ha incarnato l'eterno ruolo di primadonna dell'evento. Certo, non poteva mancare l'annuncio di una nuova espansione per WOW, l'atteso Mists of Pandaria, ma è impossibile non sentire le urla entusiastiche che hanno accompagnato le finali della Global StarCraft 2 League o i boati d'approvazione riservati a StarCraft 2: Heart of the Swarm e Diablo III.
Inutile dirlo, stiamo parlando di una software house con molti progetti interessanti in ballo. E sebbene Blizzard sia nota per essere, per così dire, una potenza conservatrice, sono ormai evidenti a tutti i recenti e radicali cambi di direzione, tanto nei piani di business quanto e soprattutto nel design dei propri titoli, primo su tutti il sistema di commercio con soldi veri presente in Diablo III o il più recente Arcade (inizialmente presentato come Marketplace), al cui interno la community di StarCraft potrà vendere le proprie mappe e i mod migliori.
Non può certo poi mancare all'appello il famoso DOTA, un titolo che ci stuzzica parecchio non solo perché rappresenta il più lampante guanto di sfida alle recenti acquisizioni di Valve e all'incredibilmente famosa League of Legends, ma anche perché si configura come un rarissimo (se non il primo) esempio di produzione videoludica su una scala ben più modesta degli standard a cui siamo stati abituati da Blizzard. A fianco di tutto questo, comunque, parte dei suoi sforzi sono concentrati sul tentativo di mantenere la propria gallina dalle uova d'oro ancora interessante dopo un dominio pressoché assoluto negli ultimi 7 anni.
Tirare le redini in questa Golconda infernale è compito di Mike Morhaime, un signore di mezz'età in preda alla classica sindrome da Peter Pan, estremamente oculato e attento ad ogni singola affermazione, specie a quelle fatte ai nostri microfoni. Non è certo lo stereotipo di boss che s'infuria nel mezzo di una sala di consiglio, e il fatto di suonare il basso nella band metal di casa Blizzard non ci rende difficile crederlo, ma non è secondo a nessuno nell'amministrare le operazioni dello sviluppatore di maggior successo al mondo, con un occhio ai particolari che solo un ex programmatore può avere.
Sono così tanti i fronti di battaglia su cui Blizzard è occupata che un'intera giornata di intervista probabilmente non basterebbe per coprirli tutti doverosamente. Se però volete sapere come sia stato possibile dare una ventata di freschezza all'universo di WOW e i motivi del suo successo in Cina, sull'Auction House di Diablo III e sulla diatriba di DOTA, beh, fareste meglio a leggere la nostra intervista.
"Con Cataclysm abbiamo reso un po' troppo complicato l'endgame ma già nelle ultime patch abbiamo rimediato."
Siamo sempre alla ricerca dell'intuizione giusta per il nostro gioco, di ciò di cui ha davvero bisogno, ma allo stesso tempo cerchiamo di evolverlo costantemente e renderlo ancora migliore.
Beh, con Cataclysm abbiamo reso un po' troppo complicato l'endgame ma già nelle ultime patch abbiamo apportato modifiche specifiche, livellando sensibilmente il coefficiente di difficoltà.
Quello che ora vogliamo dare al giocatore è una nuova meravigliosa terra da esplorare, popolata da un personaggio unico e capace persino di cambiare le regole del gioco. Avevamo già presentato gli abitanti di Pandaria ai tempi di Warcraft 3, e abbiamo sempre ritenuto che sarebbe stato interessante introdurli ufficialmente all'interno dell'universo di World of Warcraft e fare di loro una razza giocabile.
Beh, non posso certo nascondere una sottile vena umoristica nella figura dei Pandaren, anche se per certi versi rappresentano un significativo cenno alla cultura cinese. Il sistema di combattimento di questi animali però è eccezionale, ha conquistato tutti. Vedi, World of Warcraft ha bisogno anche di cose come queste, mini game o altre feature simili con cui divertirsi quando non si è impegnati a fare raid.
"Per lavorare nel mercato cinese consigliamo di essere pazienti senza usare strategie troppo aggressive."
Ora che l'espansione è annunciata in via ufficiale è estremamente importante raccogliere un feedback in questa direzione, e a tal proposito stiamo lavorando serratamente con il nostro partner locale NetEase. Non solo: abbiamo aperto anche un ufficio nella città di Shangai che rappresenterà il punto di partenza per qualsiasi eventuale segnalazione di problemi legati alla sensibilità culturale.
Ho ricevuto giusto ieri una serie pareri da parte di un gruppetto di giocatori cinesi, e a quanto pare sono molto entusiasti di Pandaria e delle sue creature.
Assolutamente no. Noi lavoriamo sempre ed esclusivamente in un'ottica di mercato globale, e facciamo solo quello che reputiamo utile per il nostro gioco. Poi ok, dobbiamo ammettere che l'unico posto in cui puoi trovare un panda è la Cina… a meno che qualche cinese non te ne spedisca uno a casa! Inserire nel gioco un assaggio della cultura cinese è un'opportunità da cogliere al volo, e in tutta onestà sono sicuro che sarà apprezzata anche al di fuori della Cina.
Bella domanda… Siate pazienti. Penso che approcciarsi a quel mercato con una strategia troppo aggressiva non solo sia molto rischioso, ma possa condurre anche a pesanti errori. La cosa migliore da fare è mantenere la pazienza e rimanere ben determinati nel consegnare ai giocatori cinesi un'esperienza di gioco di alta qualità. Qualora ci siano sfide improvvise o imprevisti che blocchino la strada, non vi resta altro da fare se non affrontarli uno a uno e risolverli. Alla fine, si spera, le cose inizieranno a funzionare, ma non è mai il caso di forzarle.