Intervista a Gabe Newell
CS: Global Offensive, Steam, il DLC di Portal 2 e Half-Life 3. Serve altro?
Dal nostro punto di vista esso rappresenta un'estensione logica del sistema di "commercio" in-game, che funge da punto di partenza per un futuro scambio di oggetti anche tra giochi differenti: tutto questo per capire in quale modo l'esperienza ludica di un singolo giocatore possa influire e apportare vantaggi su quella del numero maggiore di giocatori possibile. Attualmente, in fase di design si tende a trascurare spesso questo aspetto, "limitandosi" alla progettazione di un gioco al cui interno nessuno può godere di benefici derivanti dal fatto che un altro utente lo stia giocando, se non l'utente stesso. Noi, dal canto nostro, stiamo analizzando questo sistema cercando di legare l'una alle altre le esperienze di tutti i nostri consumatori: vogliamo comprendere meglio le reazioni e la catena di effetti che possiamo creare con i nostri videogame. E non sarebbe meno importante analizzare quali benefici potrebbero derivare dall'aver più titoli che partecipano tutti contemporaneamente in questo sistema di commercio digitale.
Stiamo valutando da un bel po' di tempo la questione, e a tal proposito penso dovremo assumere un economista. Stiamo parlando di questioni delicate e di cose incomprensibili come tassi, valori della moneta, inflazione e produttività delle varie categorie di beni. Ci piacerebbe avere più esperienza in questo campo, anche se nell'ultimo periodo ci stiamo documentando freneticamente.
Vogliamo fare in modo che, una volta finita, ogni cosa diventi un oggetto di scambio. In tutta onestà, non siamo ancora del tutto sicuri di come realizzare una cosa del genere ma suvvia, esisterà pure qualche economista esperto di queste cose là fuori! Sotto questo punto di vista, ci sentiamo quasi degli sviluppatori primitivi: abbiamo scoperto la pietra e il bastone! Ma c'è pure quest'altra cosa misteriosa, che pensiamo si dimostrerà più che utile per i nostri scopi: ci sarà pure qualcuno alla Banca Mondiale in grado di dirci cosa fare, no? Noi, per ora, non ne abbiamo ancora la minima idea.
Ci sentiamo un po' ingenui a doverlo ammettere, ma capiamo alla perfezione l'intelligenza di una tale scelta. Noi non avremo ancora un economista come si deve, ma abbiamo un fior di psicologo che si è dimostrato incredibilmente prezioso in un mucchio di occasioni (tutte cose che in qualche vago modo avremmo dovuto conoscere, inerenti alla scienza del comportamento e alle meccaniche del sistema percettivo), al punto da farci sentire quasi più intelligenti. Non appena Mike Ambinder inizia a raccontarti del funzionamento dell'occhio finisci davvero per sentirti una creatura intellettualmente migliore di prima, e mentre tutti rimangono basiti di fronte alle sue spiegazioni, lui continua imperterrito a vomitare tonnellate di nozioni.
Assolutamente sì. Se i game designer potessero, farebbero pazzie pur di monopolizzare ogni singolo istante in cui Mike è a lavoro. Mike si trova così costretto ad esaurire il proprio tempo tra la formazione delle persone e la realizzazione dei suoi intricatissimi sistemi: attualmente è alle prese con la costruzione di questi apparecchi per il bio-feedback, utili a misurare in tempo reale lo stato del giocatore senza dover ricorrere a metriche al limite del ridicolo su cui basare la misurazione dell'impatto dei nostri titoli. Tutto ciò ci permette di avere una misura quantitativa diretta, una sorta di istantanea sullo stato corrente del giocatore. "Lasciatemi finire queste cose," continua a ripetere "e di colpo tutto questo casino diventerà chiaro".
A lasciarci completamente di sasso è la sua conoscenza inestimabile di tutto quanto graviti intorno alla statistica. Abbiamo quotidianamente a che fare con esperimenti da far impallidire quelli di Aperture; approdiamo ad un primo risultato intermedio e poi OK, come diavolo riusciremo mai ad osservare 27 variabili differenti tutte in un sol colpo, ad escludere la varianza in relazione alla variabile di interesse e, infine, estrarre l'unica maledetta informazione di cui abbiamo bisogno? E lui, beh, se ne esce placido con espressioni del tipo: "Ehi, è proprio quello che avrei detto ai miei vecchi dottori di ricerca quando ero là a sbrogliare le loro scartoffie da postdoc".
Oh sì, è incredibilmente intelligente. Ed è proprio questa la cosa che più preferisco nel lavorare in Valve: chiunque qui dentro ha capacità e passioni che riescono a rendere migliori anche gli altri. Spesso ho paura di diventare il più grande fanboy della compagnia, poiché finisco sempre per sgattaiolare da tutti a spiare cosa stiano facendo dietro le quinte.